AMARANTO NEL CUORE

AMARANTO NEL CUORE

9 marzo 2014

UN LIVORNO DOTTOR JEKYLL E MISTER HYDE

Roba da matti. Ennesimo capitolo schizofrenico di una squadra imprevedibile come poche. 
Un primo tempo sontuoso, perfetto, in cui il Livorno ha pieno controllo del match: prima la traversa colpita con Paulinho, poi le due reti firmate da Mbaye. Squadre al riposo con il seguente punteggio: Sampdoria 0 Livorno 2.
La ripresa è invece un rocambolesco calvario. Nemmeno dieci minuti e la Sampdoria ci ha già recuperato: 2-2. Non solo, presto ci supera e allunga: finisce 4-2 per i blucerchiati. Impensabile. Un tracollo vertigionoso ed inspiegabile. Troppo diverse le prestazioni dei due tempi per appartenere alla stessa squadra. Ma il Livorno di quest'anno è così. Di sicuro non ci si annoia mai, ma spesso ci si rimane male. Tre punti importantissimi in chiave salvezza buttati via. E adesso con il Bologna saremo costretti a vincere.
C'è da dire però che non siamo neanche granché fortunati: la rete del pareggio doriano è una clamorosa autorete di Ceccherini, quella del 3-2 ha come decisiva una deviazione di Coda che spiazza Bardi.
Senza contare che tanto per cambiare anche stavolta l'arbitraggio è stato più che discutibile: sul punteggio di 2-1 in nostro favore non ci viene concesso un rigore sacrosanto per un netto fallo su Greco lanciato a rete. Se fossimo andati sul 3-1, avremmo voluto vedere se la Sampdoria sarebbe riuscita a compiere ugualmente la rimonta. Ma come al solito lottiamo contro tutto e tutti.
Detto ciò, la metamorfosi avvenuta nella ripresa non ha scusanti: non si può perdere così la bussola, non si può crollare in tal modo quando in palio c'è la salvezza. 
La squadra tecnicamente c'è, le qualità ci sono: altrimenti non si spiegherebbe l'ottimo primo tempo; però risulta essere troppo fragile psicologicamente: di fronte alle offensive avversarie condotte sul solo piano della disperazione sembra squagliarsi. Era già successo altre volte, basti pensare alla gara di Catania: il Livorno soffrì la squadra siciliana soltanto quando questa la mise sul piano della disperazione, non più del gioco. A Genova è accaduto lo stesso: non siamo in grado di resistere per quei pochi minuti necessari a spengere ogni velleità negli avversari. E così abbiamo perso punti importanti. Troppi. Non possiamo più permettercelo.

Davide Lanzillo

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